La storia di Pietro

Ciao a tutti, con questa lettera vogliamo raccontarvi la nostra storia e ciò che ha significato per noi la sigla CCAM.

Innanzitutto lo facciamo per ricordare il nostro piccolo Pietro e far aprire gli occhi a tutti su una realtà che si sta diffondendo e che non sempre ha un lieto fine.

Tutto ha avuto inizio poco prima dell’ ecografia morfologica di routine quando, in visita dalla ginecologa di famiglia, ci è stato detto che appariva nella zona polmonare di Pietro una macchia scura riconducibile ad una cisti. Abbiamo perciò fatto altri controlli ed accertamenti e abbiamo avuto conferma che Pietro, così piccolo (20 settimane), aveva una grossa cisti al polmone destro, accompagnata da altre cisti più piccole, che provocavano una compressione sull’altro polmoncino e sul cuore, spostandoli tutti sul lato sinistro del corpo.

Per alcune settimane ha avuto un versamento di liquido in addome e la mamma ha sofferto di polidramnios, un pericoloso accumulo di liquido amniotico  dovuto al fatto che Pietro non riusciva più a deglutire a causa della pressione delle cisti sull’esofago.

Abbiamo vissuto il resto della gravidanza facendo controlli ospedalieri ogni settimana  e ogni volta sperando di riuscire a portare Pietro vivo in grembo fino al controllo successivo.

Pietro è stato forte, ha lottato per la vita fino all’ultimo, è sempre cresciuto e ha sempre superato i momenti difficili finchè è stato nel pancione di mamma.

Nelle ultime settimane di gravidanza la mamma ha fatto due risonanze magnetiche per vedere meglio le condizioni del bambino, purtroppo sono emersi forti rischi per la salute cerebrale, perché la cisti era così grande che aveva provocato un piccolo sanguinamento intracranico. Pietro però era riuscito a superare anche quell’ulteriore problema. Cresceva bene, si muoveva bene e voleva vivere.

A fine gennaio la mamma ha dovuto lasciare a casa gli altri due figli e trasferirsi in un appartamento in affitto vicino all’ospedale Careggi di Firenze, un centro di 3° livello dove far nascere Pietro in condizioni di maggior sicurezza possibile per poter gestire al meglio ogni emergenza. Per proteggerlo dal rischio di emorragia cerebrale è stato deciso di fare un parto cesareo, eseguito poi d’urgenza la notte del 21 febbraio dopo che si erano improvvisamente rotte le acque.

Pietro è nato alle 02.08 del 21 febbraio, ha subito messo tutta la sua voglia di vivere e la sua forza nel cercare di aprire i polmoni e piangere, ma non riusciva a farlo bene. La mamma ha potuto sentirlo, ha potuto vederlo passare mentre i dottori lo portavano d’urgenza in Terapia Intensiva, ma non ha potuto toccarlo, né baciarlo, né abbracciarlo. Il papà lo ha visto appena nato, intubato, poi sedato, poi trasferito alla Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale Meyer di Firenze, mentre la mamma restava ricoverata nell’ospedale vicino.

Il giorno successivo alla nascita, Pietro è stato operato d’urgenza perché il polmone continuava a peggiorare e creava difficoltà cardio-circolatorie. Abbiamo rivisto il nostro piccolino dopo una tremenda operazione in cui hanno dovuto togliere quasi tutto il polmone destro. Lo abbiamo rivisto sempre sedato, attaccato a mille tubicini e macchine che lo tenevano in vita.

Le prime 24 ore dopo l’intervento è rimasto stabile, poi però ha iniziato a peggiorare e il 25 febbraio è morto. Alle 12.30. Ci hanno chiamato dalla TIN quando hanno visto che non potevano più fare niente per salvarlo.

Dall’autopsia, concordata con i medici per cercare di capire meglio la CCAM, è emerso che Pietro non aveva altre patologie. E’ emerso invece che la pressione causata dalla cisti sul polmoncino sano aveva compromesso lo sviluppo completo dei suoi vasi, per questo nonostante l’intervento Pietro non poteva respirare.

A noi rimane il dolore e la speranza che il volo del nostro angioletto non sia stato inutile, l’unico strumento che abbiamo, per combattere questa patologia, è la ricerca partecipata (dottori e famiglie di chi è rimasto e di chi è volato via) perché ancora poco si conosce.

Ci preme anche in questa sede ricordare l’eccellenza professionale e umana di tutti gli specialisti che ci hanno seguito